Foto: Nate Brown & One Voice

“Eccezionali, freschi e brillanti: voci talentuose capaci di creare un ritmo coinvolgente”: con tale motivazione la critica internazionale decretò vincitore dei prestigiosi premi National Pathmark Gospel Music Competition 2008, 2010 e 2013 l’ ensemble afro-americano Nate Brown & One Voice, catapultato sabato 16 dicembre sul palco del gremito Auditorium S. Antonio per l’ immancabile Gospel Night nell’ambito del QM Live Festival in corso.  Sei elementi selezionati da una nutrita corale di venticinque, fondata e diretta nei primi anni duemila dall’eclettico Nate Brown, figura carismatica del gospel made in USA -compositore, cantante, insegnante, sassofonista jazz dalle lusinghiere performance al fianco di artisti del calibro di Quincy Jones, George Benson e Tyron Power. Il gruppo vocale di Washinton D.C. ha interpretato con maestria alcuni classici del gospel e brani originali di stampo contemporaneo, attingendo con rispetto dalla secolare tradizione “nera” e attualizzando il repertorio canonico di Natale, che nello show è divenuto ritmo, grazie al supporto di tastiera e basi percussive su cui i deliziosi impasti vocali hanno spadroneggiato nei due traditionals d’ apertura “Come Along My Friend”, “Go Down Moses” e più avanti in “Come, Follow Me”, “O Come All Ye Faithfull”- costruita sulla ben nota e melodica “Adeste Fideles”- oltre alla toccante “Total Praise”, accorata ovazione al Signore sorgente di forza vitale e benevolo dispensatore di pace. Un plauso di riguardo va alle calde e potenti voci femminili del coro, ben distinte nei gioiosi spirituals “How I Got Over”, “Bailar”, “This Little Light of Mine” e ”Tambria Jehovah”- composizione dalla marcata impronta “afro”.  Atmosfera festosa dunque, spesso scandita da intensi battimani, mentre un divertito Nate scendeva tra il pubblico scandendo a gran voce “Are you Ready?” ed invitava un’emozionata spettatrice a seguirlo sul palco, indossare la tunica e unirsi a loro in coro. Pathos e perfetto ‘soft sound’ di piano invece per l’ “Hallelujah” , celeberrimo brano di Leonard Cohen, e nel finale per l’ attesa “Oh Happy Day”, con l’ intera platea in piedi a mani levate. Due i bis proposti a corollario di uno spettacolo appassionante: “Oh When the Saints Go Marching in”” e “Let the Church Say Amen”, a testimoniare che il gospel non è solo una disciplina canora ma in primis è il canto dell’ anima, voce di una storia millenaria che affonda le proprie radici nella Madre Africa e ne dispiega i rami nel Nuovo Mondo, dove anche oggi i musicisti afroamericani rimangono autentici depositari di preghiere/inni a quel Dio che amorevolmente ascolta, accoglie e lenisce i drammi dell’ umanità, infondendo fiducia e speranza al cuore aperto di chi lo invoca.

Francesca Giudice – Ufficio stampa QM